Tristezza, senso di colpa, nostalgia, speranza e amore per la vita. Questi sono i diversi sentimenti che si provano leggendo Ai confini del fiume Stige, romanzo d’esordio dell’autrice statunitense Michelle Kulwicki.
Il libro racconta la storia di Bastian, un ragazzo di 18 anni la cui mamma è morta un anno prima in un incidente stradale mentre lui era alla guida. Il senso di colpa è così grande da fargli desiderare di essere morto al posto della madre. Una notte, durante un incubo, si ritrova difronte a Zan, un catalogatore di anime. Quest’ultimo si occupa di accogliere i defunti nel limbo tra la vita e la morte, li registra, archivia i loro ricordi, e li consegna al Traghettatore, la morte.
Zan è condannato a questo lavoro da quasi 500 anni, cioè da quando decise di offrirsi alla morte per salvare la madre.
Manca solo l’anima di Bastian per poter spezzare la maledizione e tornare a vivere. Tutto si complica però quando lo segue nei suoi ricordi di dolore e speranza, e si rende conto che non è pronto a lasciare che Bastian muoia.
Bastian e Zan vivono dolori simili ma profondamente diversi. Bastian vorrebbe solo morire perché meritava di esserci lui al posto della madre e non riesce a vedere la bellezza della vita che lo circonda. Zan, invece, riesce a sacrificarsi al posto della madre e, vivendo costantemente nei ricordi altrui, vorrebbe soltanto tornare a vivere.
Non è difficile immedesimarsi nel protagonista: Bastian e le sue emozioni sono estremamente reali. Il suo è un tentativo di andare avanti nonostante l’angoscia che prova. E quando finalmente vive un momento di spensieratezza, la tristezza è sempre dietro l’angolo pronta a ritornare in superficie.
Andando avanti nel libro però, questa sofferenza si allevia diventando solo un contorno di quella che è la sua vita. Esattamente come accade nella realtà quando proviamo un lutto, Bastian non “guarisce” completamente dal suo dolore, ma riesce a trasformarlo e a vedere il lato positivo in ciò che lo circonda.
Il peso del tema della perdita viene bilanciato nel libro da dialoghi leggeri e momenti spensierati. D’altro canto i personaggi sono giovanissimi e vivono tutto ciò che può vivere una persona di 18 anni: la scuola, le feste, gli amici e così via.
Questo libro è in grado di far versare (tante) lacrime, ma allo stesso tempo aiuta in qualche modo a curare alcune ferite che chi ha vissuto la perdita di una persona cara può comprendere. In un intreccio di emozioni intense, il romanzo ci insegna che, anche nel dolore più profondo, c’è sempre spazio per trovare la bellezza della vita.